martedì 27 marzo 2012

Aggiunte ad Agostino Beltrano

2/6/2009

Inediti del Seicento napoletano

Dopo mesi passati a consultare le foto, classificate come di pittore ignoto, della Biblioteca Germanica di Firenze, del Courtlaud  Institute di Londra e dell’Istituto Amatler di Barcellona, oltre tutti i cataloghi delle principali aste svoltesi  negli ultimi decenni, credo di aver recuperato poco meno di cinquecento inediti di pittori del Seicento napoletano, il 70% attribuibili con certezza, mentre per i rimanenti permangono margini di dubbio, per cui penso di pubblicarli momentaneamente con un’attribuzione di massima nell’attesa dell’illuminato parere dei napoletanisti.
Il primo pittore che vado ad esaminare è Agostino Beltrano del quale ritengo di potergli assegnare con certezza varie opere inedite a partire da una Visione di S. Uberto(001) transitata anni fa sul mercato, nella quale si intravede il classico scorcio di panorama e l’attenta definizione del fogliame presente in molti dipinti del Nostro, per passare poi a due sensuali Lot e le figlie(002 – 003), la prima in una collezione privata milanese, la seconda ad ubicazione sconosciuta; una iconografia cara agli artisti napoletani del secolo d’oro, che potevano così soddisfare i desideri di una vasta clientela, desiderosa di ornare le proprie sale con storie  testamentarie nelle quali tornite fanciulle dalle forme desiderabili esponessero generosamente le loro grazie all’occhio dell’osservatore. 


In una collezione privata madrilena è conservato un Ercole ed Achilleo(004), un soggetto estremamente raro, mentre nel museo di Pesaro è presente una Predica del Battista(005),che ricalca i modelli di Filippo napoletano e Cornelio Brusco, introducendo alcuni prelievi post caravaggeschi come le figure a torso nudo di spalle poste ai lati della composizione. 


Mostriamo poi le foto di due quadri distrutti nel 1964 dal rovinoso incendio che danneggiò numerosi tesori artistici conservati nel duomo di Pozzuoli: un’Ultima cena(006) e San Martino che dona il suo mantello(007), nel quale compare lo stesso cavallo presente nel Ritratto equestre di Carlo di Tocco(008) conservato nella Quadreria del Pio Monte della Misericordia a Napoli. Cavallo che si affaccia con le sue grosse  e patognomoniche narici anche nel Tancredi e Clorinda(009) transitato in un’asta Sotheby’s  e che potrebbe far pendere l’autografia della tela verso Beltrano, in contrasto con l’opinione della critica che assegna il quadro al Falcone. Infatti simili narici sono identiche a quelle dei numerosi destrieri che animano l’unica Battaglia(0010) fino ad ora assegnata al nostro artista, siglata Belt, in collezione Calbi a Napoli.





Gli angeli sono i protagonisti delle due prossime tele, il primo nell’Apparizione a San Gioacchino(0011), transitato in asta, che ripete identica la parte sinistra di un’altra composizione dell’artista pubblicata nel catalogo della mostra su Micco Spadaro, il secondo, Raffaele arcangelo combatte con Obia(0012), si trova, non esposto, nella quadreria del Suor Orsola Benincasa e presenta sullo sfondo uno scorcio di paesaggio lussureggiante ed un classico tronco spezzato.


Mostriamo poi l’autoritratto criptato(0013) del pittore, affrescato nel 1645 in una cappella laterale della chiesa della Pietà dei Turchini a Napoli, il Martirio di San Sebastiano(0014) di collezione della Ragione, una summa di dettagli caratteristici dell’artista: dal fanciullo di spalle a torso nudo sulla destra al cavallo dalle narici debordanti, dal gruppo di angioletti che compare identico nel Martirio di S. Apollonia(0015) di collezione privata napoletana al caratteristico scorcio di panorama sulla sinistra, che richiama a viva voce quello celebre presente nel capolavoro dell’artista, il Lot e le figlie(0016) conservato in collezione Molinari Pradelli.




Concludiamo attribuendo al Beltrano il Matrimonio mistico(0017) del museo diocesano di Napoli, assegnato nel catalogo, pubblicato in questi giorni, con coraggio e fantasia ad Annella De Rosa, sorella di Pacecco e moglie del Nostro, che secondo il De Dominici fu vittima della gelosia del marito e che il Prota Giurleo sulla base di numerosi documenti ha fatto morire nel suo letto dopo aver dato alla luce una cospicua figliolanza.


Nel sottolineare la necessità di spostare in avanti la data del decesso del Beltrano, che in tutti i libri di storia dell’arte viene generalmente fatto morire durante la peste nel 1656, almeno al 1662, per l’esistenza di una tela conservata nella pietà dei Turchini raffigurante il dogma dell’Immacolata Concezione sancito l’otto dicembre del 1661, rinviamo i lettori che volessero approfondire la vita e le opere dell’artista ai miei saggi sull’argomento consultabili in rete:Agostino Beltrano, alcuni inediti e qualche aggiunta ad uno”stanzionesco falconiano” e Agostino Beltrano, precisazioni ed aggiornamenti.

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