domenica 18 marzo 2012

Crisi della famiglia e nuovi modelli

7/3/2007

Le scoperte della medicina hanno separato la procreazione dal sesso e per praticarlo, in Occidente come in Oriente, da tempo non è più necessario sposarsi.
La specie umana conserva, per il perpetuarsi di un meccanismo di tipo omeostatico molto sofisticato e solo in parte conosciuto, una  percentuale costante, in età fertile, del 50% di maschi e di femmine. Questo postulato biologico è alla base della  monogamia della nostra specie. Inoltre la necessità di accudire la prole per un tempo molto più lungo di  altre specie animali ha reso necessarie fedeltà e suddivisione dei compiti.
Questa “armonia percentuale”, necessaria per il quieto vivere delle famiglie, della società e degli Stati è tenuta sotto controllo in maniera a dir poco prodigiosa: infatti in periodi post bellici, quando i maschi diminuiscono, per una generazione nascono meno femmine.
Il matrimonio, istituzione presente da sempre ed in tutte le civiltà, non ha fatto altro che sancire una legge iscritta a chiare lettere nel nostro Dna.
Ben radicato nelle società arcaiche e nel mondo contadino, il matrimonio ha costituito per millenni un baluardo formidabile contro le solitudini e le difficoltà della vita, pur ingabbiando  la pulsione delle passioni, che a volte si manifesta prepotentemente al di fuori delle sedi istituzionali.
La mobilità e l’incertezza del lavoro costituisce nella società occidentale un altro fattore di crisi dell’istituto matrimoniale, il quale mal sopporta una donna che dedica le migliori energie alla carriera, trascurando la cura della famiglia. Se saremo travolti dalla civiltà islamica dipenderà principalmente dalla stima che quella cultura ha della famiglia e della solidarietà sociale e per la posizione, subordinata ma fondamentale, che ha riservato alla donna nell’equilibrio della società.
Bisogna prendere coscienza della crisi profonda in cui versa il matrimonio e decidersi a stabilire se costituisce un processo liberatorio o una decadenza da contrastare.
La famiglia deve essere investita di una pluralità di fini che non possono esaurirsi nella funzione procreativa e nel remedium concupiscentiae.
Una ipotesi affascinante è costituita dalla formazione di una nuova istituzione, elastica e variabile, non focalizzata unicamente su una coppia eterosessuale, bensì estesa a gruppi più ampi di persone, legate però da interessi affettivi prima che economici economici, contingenti e trascendentali; una riproposta, riveduta e corretta, del modello di famiglia patriarcale, che costituisce l’archetipo più solido di aggregazione.
Un riparo per la solitudine e le vedovanze, dove diritti e doveri vengano equamente distribuiti a secondo delle esigenze di ogni gruppo e dove i ruoli siano elastici ed intercambiabili. 
Un sogno malizioso, ma non proibito, la cui realizzazione è in gran parte nelle nostre mani. Richiede volontà e fantasia, pazienza e coraggio, ma bisogna fare presto, prima che l’orda islamica ci travolga e ci faccia tornare a fare i conti con la realtà.

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