giovedì 22 marzo 2012

I Graziani una dinastia di battaglisti napoletani

6/6/2008
Nuovi documenti su Francesco, Pietro e Giuseppe Graziani



Francesco Graziani, detto Ciccio Napoletano, è un battaglista minore attivo tra Napoli e Roma nella seconda metà del XVII secolo. Egli probabilmente è originario di Capua perché in alcune fonti è ricordato come Ciccio da Capua. E poco noto al De Dominici, il quale non è certo se egli fosse il padre o un parente di Pietro Graziani, battaglista attivo nei primi decenni del XVIII secolo. 
Filippo Titi in una sua guida delle chiese romane cita due suoi quadri, ma oggi è visibile solo quello con¬servato nella cappella Cimini di Sant'Antonio dei Portoghesi, databile al 1683 (fig. 1) 
Gli inventari della quadreria Barberini, redatti nel 1686, accennano a suoi quadri di battaglia e di marine, ma oggi non sono più identificabili.


Il Salerno, studioso dell'artista ed estensore della scheda nel catalogo della mostra sulla Civiltà del Sei¬cento a Napoli, gli assegna poche opere certe: due battaglie nel museo civico di Pistoia e quattro nel museo civico di Deruta, una delle quali porta sul retro della tela l'attribuzione del Pascoli «del Graziani eccellente pittore». Alla mostra furono presentati come autografi due paesaggi della Galleria Doria Pamphily, in precedenza assegnati ad un ignoto seguace del Dughet.


Tra gli antiquari napoletani è facile trovare delle tele, spesso di piccolo formato, ed a volte dipinti su rame, che possono ragionevolmente essere assegnati al Graziani, ma purtroppo la critica fa ancora molta confusione rispetto all'opera di Pietro Graziani e di un altro pittore, stilisticamente vicino ed ancora da identificare.
Lo stile di Francesco Graziani è tagliente, con le figure dei soldati e dei cavalieri appena abbozzate; il cielo sovrasta le battaglie, incombendo pesantemente con un cromatismo plumbeo di un rosso caliginoso, che sembra partecipe dello svolgersi tumultuoso degli avvenimenti.
Pietro Graziani, probabilmente figlio di Francesco, è attivo tra la fine del XVII secolo e gli inizi del XVIII. La sua pittura mostra un brio ed una scioltezza di tocco che è caratteristica già del Settecento. Gli si possono assegnare un gruppetto di opere che si differenziano in senso più moderno dalla produzione di Francesco.
Il Chiarini si è impegnato nel 1989 nella ricostruzione del suo catalogo; in particolare gli ha attribuito quattro battaglie di cavalieri, oggi nel museo civico di Prato, provenienti dalla galleria Martini dell'ospedale della Misericordia e Dolce, che in precedenza il Papini aveva ritenuto opera di Ercole Graziani (1688 1765), un altro congiunto della dinastia del quale al momento sappiamo molto poco.


Il Chiarini a questo gruppo di battaglie associa, per stringenti affinità stilistiche, i rametti ex Feroni, oggi agli Uffizi e della collezione Corsi nel museo Bardini, le tele della Galleria Pallavicini di Roma, che Federico Zeri riteneva fossero di Ciccio Napoletano ed i dipinti conservati nella Walters art gallery di Baltimora.
Alcune aggiunte al suo catalogo sono state apportate dal Salerno che ricorda altre sue opere nella collezione Linlitgow a Hopeton House e due paesaggi con antiche scritte attributive sul retro nella Galleria Gasparrini di Roma.
Ed infine, ad accrescere le difficoltà di classificazione, dobbiamo citare un oscuro pittore, Giuseppe Graziani, di cui si conserva una battaglia nel museo civico di Prato, sul cui retro vi è un'antica iscrizione, <Gius. e Graziani»: il suo stile sembra molto simile a quello del gruppo di opere costituito intorno al nome di Pietro Graziani, ma l'antica iscrizione affaccia l'ipotesi di un diverso artista, un parente frequentatore della bottega familiare o, come supposto dalla Mannini, di un nome doppio, «Pietro Giuseppe Graziani»
Una parte della critica moderna, come l'autorevole Thieme Beker tende a riunire sotto la paternità di Pietro Graziani tutta quell'ampia produzione di battaglie, spesso di piccolo formato, dai caratteri set¬tecenteschi, su abbozzati sfondi paesaggistici, nelle quali affollate scene di cavalleria si intrecciano con combattenti appena accennati nei tratti somatici, delineati con una pennellata nervosa. Inestricabili grovigli di cavalieri vengono illuminati da sapienti tocchi di colore senza che si possano riconoscere volti e fisionomie.


I dipinti dei Graziani, sotto la cui etichetta si nascondono tanti battaglisti ancora da identificare, testimoniano, per l'ampiezza di una produzione valutabile in centinaia di esemplari e di discreta qualità, l'estensione ed il successo del genere presso un collezionismo vasto e non solo napoletano.
In definitiva i Graziani sono latori di «una pittura di brevissimo respiro, con finalità squisitamente decorative e completamente disinteressata ad intenti realistici, nella quale si può cogliere una premessa alle affermazioni più avanzate nel secolo dei vari battaglisti veneti da Simonini a Zais e Casanova» (Sestieri).
Fin qui abbiamo seguito pedissequamente le parole del mio saggio sulla pittura napoletana del Seicento, ma alcune recenti scoperte documentarie di Loredana Lorizzo e di altri studiosi  ci hanno permesso di conoscere alcune novità di un certo rilievo. 
Per chi volesse consultare la mia opera per operare confronti con altri artisti
Pietro Graziani, quale figlio di Francesco compare negli Stati delle anime della parrocchia di S. Maria del Popolo, per cui cadono gli ultimi dubbi sul grado di parentela che lega i due pittori.
Il primogenito di Francesco è però Giuseppe, anche lui pittore, presente nel 1686 con alcune sue  battaglie nell’inventario di don Emanuele del Portogallo.
Ciccio è presente a Roma già nel 1659, quando è attestato nella parrocchia di S. Stefano in Piscinula in un documento dove figura avere trentatre anni, per cui la sua data di nascita è il 1626.
Per molti anni il mercante di Francesco è tal Pellegrino Peri e dal suo libro di conti si evince che l’artista, oltre alla battaglia era dedito anche alla natura morta, circostanza confermata in alcuni inventari, ad introdurre figure in tele altrui e come pittore di marine (fig. 2 – 3). 

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