mercoledì 14 marzo 2012

Il sangue dei santi

25/10/2005




Napoli è da oltre cinquecento anni capitale mondiale delle reliquie, in particolare custodisce circa duecento ampolle contenenti grumi di sangue di santi, martiri ed asceti. Infatti, dopo la caduta dell’Impero romano d’Oriente, avvenuta nel 1453, immagini religiose di ogni tipo e reliquie varie affluirono copiose nella nostra città e da allora non si sono più mosse, pur cadendo lentamente nell’oblio.
Molti di questi grumi presentano la stupefacente caratteristica di liquefarsi con una precisione anche superiore a quella del celeberrimo Santo patrono e senza la necessità di quel corteo di preghiere ed invocazioni che qualcuno ha proposto come spiegazione parapsicologica del fenomeno.
Il sangue di San Gennaro, conservato in due balsamari vitrei di foggia diversa, databili al IV secolo, si scioglie costantemente, a partire dal 1389, il 19 settembre, anniversario del martirio, avvenuto come è noto nella Solfatara il 305 ed il primo sabato di maggio, con qualche sporadico fuori programma il 16 dicembre, anniversario della apocalittica eruzione del Vesuvio del 1631, quando la lava giunse a lambire Napoli e venne fermata sul ponte della Maddalena dal pronto intervento del Santo, da allora indiscusso patrono della città ed eccezionalmente anche il 14 gennaio, in ricordo del ritorno a Napoli delle spoglie del martire, nascoste a Montevergine sino al 1497.
La fama universale del sangue di San Gennaro, un prodigio osservato nei secoli da tanti smaliziati visitatori stranieri, a Napoli per il Grand Tour, scettici ed illuministi, ma sempre cauti nel cercare una spiegazione razionale del fenomeno, ha rubato la scena alle numerose altre testimonianze del fenomeno liquefattivo, che si ripete da secoli in numerose chiese napoletane e nel segreto di cappelle gentilizie di antiche e nobili famiglie.
Cominceremo ora un’ appassionante carrellata attraverso l’affascinante universo esoterico partenopeo, partendo da alcune tra le reliquie più note quali: il sangue di Santo Stefano, custodito nel monastero di Santa Chiara, che si liquefa il 3 agosto ed il 25 dicembre, quello di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, conservato nella chiesa della Redenzione dei Captivi, che si scioglie il 2 agosto, quelli di San Pantaleone e di San Luigi Gonzaga, nel Gesù Vecchio, attivi entrambi il 21 giugno o quello di Santa Patrizia, il più dinamico in assoluto, conservato in San Gregorio Armeno.
Sorprendente è il comportamento del sangue del Battista, scioltosi per la prima volta nel 1554 durante la celebrazione della messa nel convento di Sant’Arcangelo a Baiano, dove era custodito, proveniente dalla Francia, sin dal Duecento. Quando il convento venne soppresso, per il leggendario comportamento licenzioso delle monache, il sangue del santo, diviso ab antico in due ampolle, venne affidato alle monache di San Gregorio Armeno e di Donnaromita. Il primo continua regolarmente a sciogliersi, mentre il secondo ha cessato ogni attività dal Seicento. Quando anche il monastero di Donnaromita venne soppresso, l’ampolla “inattiva” ritornò vicino alla gemella conservata in San Gregorio Armeno e stranamente ha ricominciato a manifestarsi anche se in formato ridotto, con un semplice arrossamento, in occasione della festa del Santo.
Questa moltitudine di eventi prodigiosi rappresenta per il credente un valido motivo di orgoglio, con il sangue che tanti martiri versarono per la loro fede, il quale si riversa, come una pioggia ristoratrice, su tutti noi, in un periodo così difficile per la Chiesa e per l’umanità tutta; ma anche per i laici deve rappresentare un motivo di profonda meditazione, perchè le spiegazioni fino ad ora proposte dalla scienza, per cercare di dare una spiegazione razionale al fenomeno, sono poco più che risibili.
Basta leggere le conclusioni del Cicap, un’associazione scientifica che si propone di trovare la soluzione ai tanti quesiti ancora aperti della parapsicologia, per convincersene. Si è dato grande risalto ad una pubblicazione, nell’ottobre del 1991, sulla prestigiosa rivista Nature, di una equipe dell’università di Pavia, guidata dal ricercatore Garlaschelli, che riteneva di saper riprodurre il fenomeno del passaggio dallo stato solido allo stato liquido in un fluido, adoperando poche sostanze elementari già note agli alchimisti medioevali, dal carbonato di calcio al cloruro di ferro in soluzione, per ottenere una sostanza gelatinosa ”reversibile” a piacimento, purché dall’esterno venga fornita energia attraverso lo scuotimento del contenitore; condizione del tutto assente nella liquefazione di gran parte dei grumi di sangue dei santi precedentemente descritti, incluso lo stesso San Gennaro, che si “manifesta” nelle più diverse condizioni.
Un’ipotesi alchemica, affascinante, ma forse vicina alla verità, era stata avanzata dal compianto Mario Buonoconto, uno studioso autore di un prezioso libretto sulla Napoli esoterica, ancora reperibile sulle bancarelle in edizione economica, profondo conoscitore della antica scuola napoletana specializzata nell’apertura della materia e nella possibilità di trasformare gli elementi naturali in maniera reversibile, come ridurre il ferro malleabile o le interiora umane dure come il marmo.
Lo stesso famoso, quanto famigerato, principe di Sansevero, chimico e letterato, massone e scienziato, pare fosse in grado di replicare il “miracolo” nel suo laboratorio, posto nell’angolo più segreto del suo palazzo in San Domenico Maggiore, per la meraviglia dei suoi amici più fidati e delle belle dame che gli facevano visita. Naturalmente per studiare più approfonditamente il fenomeno della prodigiosa liquefazione del sangue dei santi, sarebbe necessario aprire le ampolle, per sottoporre il contenuto ad indagini di laboratorio e ciò è naturalmente impensabile per quelle del venerato ed amatissimo San Gennaro, ma perchè non analizzare qualche grumo di sangue di santi meno venerati tra i tantissimi che si conservano nella nostra città, non solo in chiese, ma anche di proprietà di antiche famiglie napoletane? Credo che nessuno potrebbe opporsi a degli esami eseguiti su ampolle di sangue conservate nelle cappelle gentilizie di famiglie disposte a placare una insopprimibile sete di conoscenza.
“Pulcra sunt quae videntur, pulchriora quae sciuntur, longe pulcherrima quae ignorantur”.
E nell’attesa che parte del mistero che circonda i sacri grumi possa dissolversi attraverso l’indagine della scienza resta l’oggettività del prodigio sotto gli occhi di tutti, credenti e scettici, a fornire agli uni il coraggio della fede, agli altri una giusta dose di meditazione e riflessione.

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