lunedì 19 marzo 2012

Il Seicento napoletano nelle collezioni medicee

19/6/2007


La pittura napoletana non cessa di stupire e per sei mesi dal 19 giugno al 6 gennaio farà bella mostra di sé nel tempio degli Uffizi in una rassegna che si preannuncia interessante con 38 dipinti  appartenenti a diversi musei  di Firenze  e a chiese della diocesi fiorentina, ai quali si sono aggiunti due importanti prestiti dalla Galleria Pallavicini di Roma e uno dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.


La mostra sarà imperniata sulle opere di Salvator Rosa, fiorentino per circa dieci anni e Luca Giordano, in città dal 1682 al 1685 e del quale esistono a Firenze straordinarie testimonianze da visitare quali la cupola della cappella Corsini in Santa Maria del Carmine e gli affreschi della galleria e della biblioteca del palazzo Medici Riccardi.
Le opere sono state selezionate in base alla loro  documentata presenza a Firenze nel Seicento,  nelle collezioni dei Medici, come anche di altre nobili famiglie della città, e forniscono un campione significativo della pittura partenopea presente all’epoca nella capitale granducale. 


Le relazioni artistiche tra Firenze e Napoli sono sempre state strette, fin da quando Giotto fu chiamato a Napoli da re Roberto d’Angiò nel 1328 e, un secolo dopo, numerosi scultori toscani lavorarono per gli Aragonesi. 
La mostra propone una lettura di tali rapporti artistici fondata da un lato sulla presenza a Firenze di alcuni dei principali pittori napoletani del secolo dal Battistello a Salvator Rosa e Luca Giordano – le cui opere furono apprezzate dal collezionismo locale e, talvolta, lasciarono anche un segno sugli artisti fiorentini –, dall’altro sul ruolo di intermediari svolto dai numerosi fiorentini residenti a Napoli per ragioni finanziarie e commerciali, che fecero pervenire numerosi quadri in patria. 


Il percorso espositivo è articolato, per cronologia e per protagonisti, in sei sezioni:
1. Il caravaggismo di Battistello Caracciolo e Jusepe de Ribera
2. Natura e filosofia in Salvator Rosa
3. Il barocco di Luca Giordano
4. Pittura napoletana di genere
5. Fra mitologia e storia antica: due quadri medicei riscoperti
6. Massimo Stanzione per Firenze 
“Filosofico umore” fu quello del Rosa, che soggiornò a Firenze dall’autunno del 1640 alla fine del 1648, pittore, letterato, uomo di teatro, fondatore dell’Accademia dei Percossi, attento a soggetti derivati dalla storia e dalla filosofia antica. “Maravigliosa speditezza” fu la capacità di dipingere in modo straordinariamente rapido da parte di Luca Giordano, che con la sua presenza a Firenze  raccolse e rinnovò l’eredità lasciata da Pietro da Cortona quarant’anni prima. 


Le opere di Salvator Rosa conservate alla Galleria Palatina di palazzo Pitti, agli Uffizi e in altri musei fiorentini (Casa Martelli, Museo Bardini) e non solo (Pinacoteca Nazionale di Lucca) vengono riunite per la prima volta, consentendo una lettura esauriente del percorso dell’artista negli anni Quaranta nel campo della pittura di paesaggio, di battaglia e di storia. Per quanto riguarda Luca Giordano – noto a Firenze soprattutto per le sue imprese di grande decoratore, si potranno ammirare alcuni dipinti mai esposti al pubblico, tra cui le due tele di altissima qualità oggi nella Galleria Pallavicini di Roma, ma in origine realizzate per i Medici, raffiguranti il Giudizio di Paride e la Morte di Lucrezia. 


Sezioni più ridotte della mostra sono dedicate ai caravaggeschi Battistello Caracciolo – questi soggiornò per breve tempo a Firenze nel 1618 – e Jusepe de Ribera – le cui mezze figure di Santi erano particolarmente richieste dai collezionisti fiorentini più accorti, presenti in mostra ciascuno con due quadri provenienti dagli Uffizi e dalla Galleria Palatina di palazzo Pitti. Vi è poi un piccolo, interessante nucleo di pittura di genere risalente alla fine del secolo, con due nature morte di Andrea Belvedere e Giuseppe Recco, e una Fiera contadina mai esposta in precedenza del giordanesco Nicola Russo. 


Chiude il percorso la prodigiosa e tenerissima Annunciazione di Massimo Stanzione, definito dai biografi dell’epoca il “Guido Reni napoletano”, unica opera del pittore conservata a Firenze (si trova nella chiesa di Santo Stefano in Ponte), anch’essa nota solo agli specialisti.


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