lunedì 19 marzo 2012

L’occhio specchio dell’anima

9/10/2007

Nel corso della vita ci confrontiamo con migliaia  di occhi che ci fissano, imparare a dominarli è la segreta ricetta per forgiare una personalità vincente.
Da ragazzo debbo aver appreso spontaneamente questa facoltà, che a lungo ho allenato fissando profondamente negli occhi non solo l’interlocutore, ma anche l’occasionale compagno di viaggio incontrato nel pulman o nel treno. I risultati furono subito eclatanti: nessuno riusciva a reggere il mio sguardo e per primo abbassava il suo, come ad accettare una personalità dominante.
In mezzo secolo mi sono imbattuto in miriadi di sguardi più o meno penetranti, da quelli severi dei docenti a quelli boriosi e beceri dei magistrati, inquirenti e giudicanti, nei quali mi sono imbattuto, impietosi come gli occhi di tigre dei rapinatori incappucciati più volte incrociati nel mio studio; senza però trascurare quelli più accattivanti delle tante fanciulle di tutte le età con le quali sono entrato in rotta di collisione: trasognati, languidi, invitanti, sprezzanti, complici, alteri, devastanti.
Tra tante tre immagini sono rimaste indelebili nella mia memoria e spesso le rimembro, sguardi a confronto dei quali ho dovuto timidamente abbassare il mio.
Il primo, magnetico quanto irresistibile, è quello di Nureyev, il grande ballerino tartaro, inseguito per anni per mezzo mondo, dal Covent Garden al Lido ed infine raggiunto al Teatro Grande di Pompei in una delle sue ultime esibizioni. Ebbi la fortuna di due poltrone in prima fila e la ventura di incrociare per pochi interminabili secondi le sue pupille di fuoco: un brivido mi percorse scuotendomi le ossa per il luccicore incandescente che emanava dal suo volto di ghiaccio, avvinghiando chiunque osasse incrociarne la vista.
La seconda immagine non è umana, ma altrettanto sterminatrice ed ammaliante. Il proprietario è un gorilla dello zoo di New York, situato nel profondo Bronx e tra i più grandi del mondo. In un grande recinto vi erano decine di esemplari, quasi tutti imparentati tra di loro e dei quali gli studiosi, dopo un’attenta osservazione durata decenni avevano identificato attitudini e preferenze, concludendo che si trattava di soggetti socievoli ed intelligenti. Ma resistere agli occhi di Bongo era praticamente impossibile, molti tentarono l’impresa, ma nessuno ci riuscì per più di pochi secondi. Io rimasi letteralmente folgorato ed ancora penso che volesse dirmi qualcosa di importante.
Il terzo sguardo è quello di Luca Coscioni, paralizzato completamente e, come è noto, costretto a parlare grazie ad un computer con sintetizzatore vocale azionato dall’ultimo dito che riusciva a muovere. Con voce metallica e già oltretombale ci arringò ad un congresso del partito radicale; parole lapidee che furono accolte da una standing ovation di oltre 15 minuti, un’eternità durante la quale tutti noi ci avvicinammo alla sua poltrona per applaudirlo e per fissare i suoi occhi imploranti, eloquenti e convincenti più di qualsiasi discorso e dai quali ho ricevuto un testamento ideale da portare a termine, una battaglia in favore della libertà di ricerca scientifica e per l’utilizzo delle cellule staminali, nonostante Pannella con le sue corbellerie e le sue prevaricazioni abbia distrutto anni di appassionate battaglie.

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