lunedì 5 marzo 2012

MOSTRA SU TAMARA DE LEMPICKA



pubblicato venerdì 20 ottobre 2006 su: "scena illustrata"


al PALAZZO REALE DI MILANO una MOSTRA SU TAMARA DE LEMPICKA
dal 5 ottobre al 14 gennaio 2007


Presso il Palazzo Reale di Milano si sta svolgendo una delle più interessanti mostre dell’anno su di una artista Tamara Gorska, in arte de Lempicka, dal cognome del primo marito, polacca, che fu donna famosa per la sua vita mondana, oltre che per l’ abilità del suo pennello. Fu conosciuta per la sua eccentricità portata agli estremi e per il mirabile connubio di bellezza e perversione.
Durante la rivoluzione d’ottobre si trasferì col marito a Parigi dove visse una vita ribelle e dispendiosa, tra lussi e legami affettivi disinibiti sia maschili che femminili.. Si dedicò alla pittura sotto la guida di Maurice Denis ed amò l’uso di colori brillanti e caldi dopo aver praticato il disegno con un tocco raffinato ed elegante. Da Andrè Lothe, un originale cubista, derivò il gusto per la scomposizione dei volumi. Ritrasse personaggi dell’alta società in ambienti lussuosi e tra questi lei stessa in un celebre autoritratto, che fece da copertina alla più diffusa rivista tedesca, mentre è al volante di un’automobile da sogno, una Bugatti verde, bella, fascinosa, ricca ed annoiata, dallo sguardo assente ed impenetrabile.
Nel 1927 fu invitata al Vittoriale da D’Annunzio, il quale, celeberrimo conquistatore di donne fatali, con la scusa di chiederle un ritratto, mise il moto tutto il suo fascino, ma, a quel che raccontano le cronache, senza successo, anzi la fanciulla, ventenne descrisse il vate, sessantenne, come un nano vestito da soldato, affetto da pestifera alitosi e probabilmente da ingravescente sifilide.
Nel 1934 si risposò, divenendo baronessa, e continuò la sua vita mondana nell’alta società, ammirata per il suo fascino e per la sua bellezza sfolgorante. Si trasferì poi in America e cambiò il suo stile, eseguendo quadri astratti ed utilizzando una tecnica a colpi di spatola, senza però incontrare consenso nella critica.
Morì più che ottantenne e per sua volontà le sue ceneri vennero disperse dalla figlia Kizette sulla vetta del vulcano Popocatepetl, disperdendo al vento in mille luoghi la sua inesausta vitalità, che per anni aveva dimorato nel suo splendido corpo.

fig. 1

Nel dipinto Ritmo (fig.1), eseguito nel 1925 ed esposto subito a Milano e l’anno successivo a Parigi al Salon des Independants, appaiono tutti gli elementi che caratterizzano lo stile di Tamara, dall’influsso di Lhote a quello fondamentale di Ingres, oltre alla conoscenza dei manieristi italiani, in primis il Pontormo e di alcuni pittori coevi, tra cui Casorati, autore del Concerto (fig.2), conservato presso la sede Rai di Torino, un quadro da cui deriva tangibilmente quello della Lempicka.

fig. 2
Le donne che affollano il dipinto, nelle loro smaglianti nudità, fremono di una vitalità inebriante, da protagoniste di un anticonformismo femminile che osa esprimersi in maniera sfacciata, con pose ardite ed inconsapevoli del volume e del peso dei propri corpi. Sono donne che vogliono esprimere in tutti i sensi la loro eccentrica sensualità, sfiorando, con la vistosa muscolatura, quella sottile ambigiutà che le rende ancora più affascinanti e misteriose. Sono donne che osano spogliarsi completamente, senza pudore e senza compromessi, né inutili moralismi, fiere dei loro enormi corpi modellati che assurgono a prototipo di una moderna femminilità.
I seni sono spavaldi e rappresentano le frecce della loro stupenda giovinezza, che le rende simili alle irragiungibili stelle di Hollywood. Essi intonano un soave concerto ed ogni seno presenta una particolare vibrazione musicale che fuoriesce dal capezzolo, alcuni producono un suono delizioso e frivolo, altri danno luogo ad inflessioni acute e dissonanti, i più ampi le note alte, i più piccoli le note basse. Cercano disperatamente un abile direttore d’orchestra che, titillandoli dolcemente, ne sappia trarre una straziante melodia della carne, in un fantastico proscenio attraversato da sapienti sfumature di luci ed ombre.

fig. 3

Nel 1941 Tamara esegue Donna nel palco (fig.3), oggi in collezione privata a Berlino, una tela nella quale la perfezione tecnica si coniuga felicemente alla luminosità cromatica. I seni della giovane ed elegante signora sono celati quel tanto che basta ad eccitare il desiderio di scoperta degli uomini, i più grandi estimatori di un prodotto che non conosce crisi né saturazioni. Una prima all’Opera è un’occasione preziosa per signore e signorine, per mostrare sul mercato il più appetibile degli attributi femminili. Che profusione, che quantità, che ostentazione; tagli birichini e scollature abissali, sembra una gara per esibire allegramente il frutto proibito, pronto ad essere addentato e gustato. I seni che svettano orgogliosi nei palchi sono alteri e pomposi e quando sono molto affascinanti producono una strana vertigine negli uomini e qualcuno tra i più sensibili ed incauti è addirittura precipitato in platea, fracassandosi la testa. Giovani ed attempate li espongono con disinvoltura, producendo maldicenze e pettegolezzi infiniti: “La marchesa Tizio veniva incontro a tutti con una scollatura profonda, che evidenziava in maniera spettacolare le sue tette; la contessina Sempronio non era attenta allo spettacolo ed era unicamente impegnata ad offrirli a destra ed a sinistra; la manager Pinco li ostentava con più impudicizia della più lasciva delle meretrici ed infine la baronessa Pallino li esibiva sul vassoio del suo corsè e trascinava nel bacia mano gli uomini cerimoniosi ad un contatto ravvicinato nella profondità della sua scollatura”. Oltre sessanta dipinti arricchiscono la rassegna su Tamara, una donna fatale in anticipo di decenni sui suoi tempi, prototipo ed immarcescibile vessillifera dell’emancipazione femminile.

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